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La conoscenza dell'Inglese

SABATO 12 GENNAIO 2019

Ore 21.00

Ingresso € 5,00

Regia: Gianluca Belotti 

Attori: Stefano Algarotti, Mario Andolfi, Marianna Bellini, Vanessa Bombarda, Andrea Capoferri,

Alessandra Lancini, Michele Mazzotti, AnnaGiaele Pietrogrande, Cristian Rota.

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Compagnia "Teatroo" di Caleppio 

Presenta:  "La conoscenza dell'Inglese"

Autore: Samy Fayad

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In una sala di un castello inglese si mette in scena una commedia poliziesca.

Una voce dialoga con il pubblico poi gli attori-interpreti-personaggi iniziano il loro gioco...

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Nei due tempi de: " La conoscenza dell'inglese" abbiamo uno splendido esempio di "teatro nel teatro", le cui origini ascendono a Thomas Kyd (secolo XVI) e che ebbe, nella trilogia pirandelliana e nel "effetto di straniamento" di Brecht, i suoi più moderni pilastri.

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Regista, attori e scenografo di questa commedia di Fayad sono interpreti che fingono d'essere personaggi, i quali a loro volta, assumono l'identità d'altri personaggi, inducendo così la platea a partecipare a un gioco di scatole cinesi con doppie, triple funzioni.

Ed è proprio sulla facoltà di simulare che consiste la "convenzione scenica" quella ferrea intesa tra pubblico e attori che si risolve in un reciproco inganno per cui lo spettatore finge di credere alla finzione che vede.

Ed è su questa "convenzione" che Fayad conduce il suo "divertissemnt" facendovi partecipare anche lo spettatore  e un fantasma.

Il gioco fayadiano (che ci presenta un gruppo di interpreti-personaggi in un unico castello inglese mentre allestiscono il solito tramma "giallo") ha l'apparenza d'essere teso sulla corda della futilità, ma ben presto mostra un suo inaspettato spessore "culturale" dato che in esso troviamo parodiati con disinvoltura fino a graffi della satira, più collaudati "generi" del teatro: dal "giallo", appunto, al "teatro dell'assurdo" dalla secca meccanica ad orologeria della "pochade" alle risolutive "agnizioni" settecentesche, dalle pirandelliane cuciture a doppio filo alla tecnica brechtiana del "distacco".

E che cosa dire della voce che incombe, di quando in quando su tutti? Di chi è? Dell'autore, di un super-regista o Manager? O di un Dio faustiano che si è fatto speacker?

Ma non basta: le carte che man mano si scoprono in questo godibile,un po' folle e raffinato gioco alla "Elzapopping", sembrano infinite.

Che cosa dire, infatti, del passaggio da una lingua all'altra e ,specialmente, da un dialetto all'altro, che nelle "agnizioni" come fuochi d'artificio, rivelano all'improvviso ascendenze, nazionalità e identità diverse? 

L'assurdo ha una sua logica: e non dimentichiamo che la comicità della Commedia dell'Arte si basava anche e sopratutto sugli effetti prodotti dall'incrociarsi dei vari dialetti delle Maschere: quindi non va trascurata questa ulteriore sapida componente nel "giallo" di Fayad che, nel continuo scarrocciare, sfrangiarsi e ricomporsi magicamente nelle ineluttabili regole del gioco, è saldamente ancorata alla classica tecnica investigativa della "detective story".

E che cos'è il teatro se non un emozionante "indagine" che gli interpreti fingono sulla scena? E non è certo un invenzione moderna se è vero, com'è vero, che uno dei sommi e universali capolavori di tutti i tempi è proprio un giallo: L'Edipo re di Sofocle.

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